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giovedì 18 aprile 2019

L’uomo: questo grande mistero !



Dotato di pensiero e ragione, capace di conoscere amare, è l’unico essere che si pone la domanda:  chi sono io ?, cosa è l’uomo?  Scopro in me una tendenza all’infinito, chiusa in un fragile involucro che necessita di cure continue. Forse la definizione più valida rimane quella di Pascal che definisce l’uomo: “una canna debole, fragile, ma capace di pensare ed amare”.
Non c’è religione, morale, filosofia che non ha tentato di focalizzare il problema ponendo il progetto “uomo” al centro della trattazione. Si parla oggi dell’uomo concreto, l’uomo con i suoi problemi esistenziali, l’uomo in rapporto alla tecnica, alla comunicazione, alla politica.
L’uomo è apparso nella storia del pensiero sotto una miriade di raffigurazioni, tutte significative ma tutte diverse; così per Pitagora è un numero, per Eraclito è il divenire, per Parmenide è l’essere. Ma se per i pre-socratici, come Protagora, l’uomo rimane “la misura di tutte le cose” rimanendo la filosofia legata ad una visione naturalistica della realtà, con Socrate inizia la ricerca metafisica dell’uomo; si ha così una visone spirituale che va al di là di ogni riferimento particolare e contingente per cogliere la natura più profonda di questa realtà (ciò che fa sì che l’uomo sia uomo), che è la sua razionalità, che viene colta solo attraverso il dialogo e il processo maieutico. Platone, discepolo di Socrate, ha una visione specificatamente idealista e spirituale dell’uomo che finisce con essere identificato con l’anima, la cui unione con il corpo è solo provvisoria. Aristotele (il filosofo di color che sanno), acuto osservatore e critico dell’idealismo platonico, coglie l’uomo nella sua realtà di sinolo di materia e forma, dove corpo ed anima non sussistono separatamente, ma solidamente uniti costituiscono ogni essere, di cui il più eccellente è l’uomo la cui anima intellettiva lo avvicina maggiormente a Dio, motore immobile a cui tutto tende.


Nei grandi sistemi filosofici l’uomo diventa così una idea per Platone, un essere socievole per Aristotele, mentre per Agostino è l’espressione più alta della creazione. Nella filosofia immanentista l’uomo rasenta di essere addirittura Dio mentre per Schopenhauer è solo dolore e per Soren Kierkegaard è angoscia.
L’uomo che era diventato Dio nell’idealismo diventa solo una forza-lavoro nella concezione marxista. Nella nuova epoca, dove regna tecnologia ed esistenzialismo, l’uomo, che era ritenuto dalla filosofia spiritualista un vero microcosmo della realtà creata dove converge quanto di bello e grande Dio ha creato, la nuova tecnica minaccia di ridurlo ad un robot; e d’altra parte mentre l’esistenzialismo progetta per l’uomo di essere un Dio, l’uomo invece sperimenta che la vita è solamente noia, dolore e morte.  Il problema “uomo” appare così un vero enigma.
Quella tecnica, che ha inventato beni innumerevoli per alleggerire la fatica ed offrire all’uomo tutti i conforti, ha compromesso la vera essenza dell’uomo; questi oggi appare la vera vittima di quello stesso  progresso che avvelena l’aria che respiriamo, il cibo che ci nutre e la stessa acqua, bene comune insostituibile.
L’antropocentrismo, che avrebbe dovuto finalmente assicurare gioia, libertà, benessere ed offrire il paradiso terrestre, si è rivelato fautore di guerra, sempre avido di ricchezze in una società dove prevale l’arrivismo e lo sfruttamento. Con tutte le sue rare conquiste l’uomo si rivela oggi più infelice di ieri; cerca la verità e rimane disorientato e travolto dal relativismo, dalla superficialità e dall’assenza di valori. Da qui il ricorso, soprattutto da parte dei giovani, alla droga, all’alcool, al sesso sfrenato per concludere tante volte nell’omicidio-suicidio.
La famiglia, l’istituto dove l’uomo riusciva ancora a realizzarsi, a vivere, a trovare pace e sicurezza, oggi va sempre più sgretolandosi dietro i colpi mancini della paura, della superficialità e di un’angoscia esistenziale che attanaglia l’uomo che vive con la paura del domani.

La voce della scienza e della fede

Eppure l’uomo, questo mirabile e misterioso essere, nella sua autentica dimensione di corpo ed anima, appare sempre più la sintesi di due realtà diverse ma convergenti da costituire un solo ente “vero microcosmo della realtà creata”. Se indagare sull’uomo diventa ogni giorno più difficile, se il mistero “uomo” non appare facilmente spiegabile, è necessario, come insegna la stessa scienza, scavare nel suo vero DNA. L’uomo si presente ad un esame macroscopico sintesi di corpo e spirito, un corpo che sottostà a tutte le leggi fisiche e un’anima che, attraverso il corpo e non, è capace di intendere, conoscere ed amare. Se per il corpo la scienza prospetta le sue tecniche, scoperte meravigliose che permettono di individuare le caratteristiche essenziali, riguardo all’anima, elemento semplice, spirituale ed immortale, la via maestra rimane una sola: la fede o rivelazione.
Scienza e fede per natura non entrano mai in contraddizione reale, due linguaggi con i quali Dio parla continuamente all’uomo. Diceva il grande scienziato Galileo Galilei, che Dio ha scritto due libri: la natura con caratteri matematici e le relative leggi fisiche e la Bibbia (o la rivelazione) con caratteri puramente volgari (dal termine vulgus), capaci cioè di essere letti dal colto e dal meno colto, dal ricco e dal povero, dall’ignorante e dal dotto. Due libri che evidenziano la stessa Verità, che è una e sempre autentica, come Dio è uno ed unico. La verità infatti è Dio, e Gesù lo evidenzia con parole chiare: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”. Fede e Scienza come un binario non entrano mai in contesa, non si contaminano a vicenda, percorrono ciascuno la propria strada, si aiutano, se è necessario, a vicenda ed arrivano entrambi alla stessa conclusione, alla stessa stazione. Sono due linguaggi diversi ma sempre convergenti come unico è l’autore. Da qui le due formule, sempre valide dal medioevo ad oggi: “credo ut intelligam” e la diversa ma consimile “intelligo ut credam”.
Riguardo all’uomo sta scritto nel libro dei Salmi: “Che cosa è l’uomo per cui tu ti ricordi di lui? , o il figlio dell’uomo che tu ti prendi cura di lui?. L’hai fatto di poco inferiore agli angeli, l’hai coronato di gloria e di onore, l’hai costituito sopra le opere delle tue mani. Tutto hai posto ai suoi piedi” (Ps. 8, 5-7). Fa eco Ireneo, uno dei Padri della Chiesa: “l’uomo vivente è la gloria di Dio”. Concetto già espresso dal greco Sofocle: “molte sono le cose mirabili, ma nessuna è più mirabile dell’uomo” (1° coro dell’Antigone). Il libro dei Salmi ribadisce ancora in sintonia al libro della Genesi: La dignità dell’uomo è quasi divina perché creato ad immagine di Dio. Biagio Pascal, scienziato e filosofo, aggiunge: L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante.
Questa canna ci riporta al libro della genesi: la paura di Adamo che scopre di essere nudo, si vergogna, si nasconde davanti a Dio che lo chiama: “Adamo, Adamo, dove sei “, cosa è successo, perché ti sei così ridotto? E’ la stessa paura di Caino che scopre di avere le mani insanguinate per avere ucciso il fratello Abele e fugge, mentre Dio lo incalza. “Caino, dov’è tuo fratello’ il suo sangue grida vendetta. E’ la paura del Sinedrio che teme Gesù vivo e morto e si reca da Ponzio Pilato dicendo: “quell’impostore disse che dopo tre giorno risusciterà”, bisogna con picchetti armati far custodire la sua sepoltura. E’ la paura dell’uomo di oggi, l’esistenzialista, che, dichiarata la morte di Dio, ha progettato di essere Dio ed ha scoperto invece di essere un nulla: da qui la paura, la vita come noia, la vita infelice. L’umanesimo tecnologico si è dimostrato incapace di risolvere l’enigma uomo, mentre il materialismo ateo ha dovuto rovesciare le mura dell’odio e della divisione che aveva osato innalzare. L’ateismo tecnico e pratico, scriverà il pontefice Pio XII nel radiomessaggio del 1956, finisce con il diventare il vero nemico della libertà umana riducendo l’uomo a robot o ad un essere inanimato di laboratorio. Pura tecnologia e materialismo non assicurano nemmeno la sicurezza sociale perché un umanesimo esclusivo è un umanesimo inumano; un umanesimo dove prevale l’egoismo, il capitalismo spietato, la fame, la guerra, la violenza e con esse la distruzione e la morte. Il XX secolo, appena trascorso, che ha segnato la grandezza e la debolezza dell’uomo con due guerre mondiali che hanno determinato lutti, distruzioni e morti di massa, è stato anche il secolo dei grandi scienziati di cui la nostra terra è stata madre, nutrice e maestra. Uomini di cultura e di fede profonda, veri scienziati d’avanguardia. Per citarne alcuni Pierre Teilhard de Charden (1881-1955) evidenzia il concetto di “Universo” (Uno –verso. Cioè tutta la creazione tende verso l’Uno, verso la Trinità, laddove la Tre Persone divine (Padre, Figlio e Spirito santo, “la Divina Potestate, la Somma Sapienza e il Primo Amore”), sono l’Uno (l’unico Dio). Quell’Uno che attira tutto a sé perché sia “consumato nell’Amore, tutto diventi Amore. Come scrivono i Padri della Chiesa: “Dio diventa uomo perché l’uomo diventi Dio”. Per credere bisogna amare la bellezza, desiderare l’Unità, percepire la sacralità dell’Universo. Il Teilhard appare mistico alla pari di Francesco di Assisi che considera ogni elemento del creato come fratello e sorella. Da paleontologo osserva la bellezza del creato e può sintetizzare il suo pensiero. Tutto quello che Dio ha creato partecipa della bellezza divina. Non meno incisiva appare la fede e la voce dei grandi scienziati:
Enrico Fermi (1901-1954) uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, assai noto nell’ambito della meccanica quantistica, inventore e realizzatore del primo reattore nucleare a fissione, è lo scienziato dalla fede profonda.  Per Fermi la fede è estasi, contemplazione, stimolo per passare dalla bellezza del creato a Dio, fonte di ogni bellezza. Già Emanuele Kant, il più celebre filosofo della rivoluzione copernicana in filosofia, aveva scritto: “Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione, stupore e reverenza: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”. Di fronte alla bellezza della natura, diceva Fermi, si rimane estatici. L’estasi è quella forza che aiuta il credente ad uscire fuori di sé per cercare nell’Uno, nell’Assoluto il senso e il fondamento di tutto.
La Fede che nel grande matematico Ettore Majorana (Catania 1906) diventa tormento interiore. Il dramma del Majorana origina dalla consapevolezza delle responsabilità che ha lo scienziato davanti alle sue scoperte; il dramma dell’uomo di scienza che vie un malessere interiore e che porterà il Majorana, dopo il Corso di Fisica teorica svolto all’Università di Napoli, a scomparire dal consorzio umano, dopo aver rivelato ad un amico: “la Fisica non può vendere l’anima al diavolo”.
Enrico Medi (1911-1974): scienziato e politico, docente di Fisica e parlamentare, coglie l’armonia della Verità tra Filosofia, Fisica e Fede. Considera la Fede e la Scienza come le due ali che permettono all’uomo di volare verso la verità, la bellezza e la libertà. Volare verso Dio senza il quale l’uomo perde la sua identità e grandezza. Dio parla in noi con la voce del creato, della scienza e della rivelazione. Strade diverse che portano alla stessa meta: Dio, quell’Uno creatore dell’universo. Collegando la testa con il cuore, scrive Enrico Medi, il corpo con lo spirito, la Fede con la Ragione si hanno le ali per volare verso la Verità, l’Unità, e la Bellezza, come d’altronde si esprime Giovanni Paolo II nella enciclica Fides et ratio.
Figura non meno rappresentativa, Antonino Zichichi (ancora vivente, nato a Trapani): fisico, docente universitario, pioniere del nucleare in Italia. E’ interessato alla Fisica quanto lo è per la Metafisica. Scienza e fede, afferma Zichichi, costituiscono le colonne portanti dell’uomo nel Terzo millennio. La scienza, egli afferma, non ha scoperto nulla che sia in contrasto con l’esistenza di Dio; l’ateismo non è un atto di rigore logico ma un atto di fede nel Nulla. La Speranza si basa su due colonne: la Fede e la Scienza, entrambi dono di Dio. La scienza è l’unico strumento dato all’uomo per dimostrare con i fatti che la natura è un libro scritto con un preciso disegno divino.





L’UMANESIMO CRISTIANO

Un documento ufficiale stilato dal Concilio Vaticano II è senza ombra di dubbio la Costituzione pastorale “Gaudium et Spes” che riguarda Chiesa e il mondo contemporaneo (CM) dove si affronta il problema “Uomo” e si evidenzia la simbiosi mirabile tra materia e spirito, tra corpo ed anima. Al documento del Concilio fa eco la enciclica di Paolo VI “Populorum Progressio”.
“Unità di anima e di corpo, si legge nella Gaudium et Spes, l’uomo sintetizza in sé, per la sua condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi attraverso di lui toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore … L’uomo però trascende l’universo; riconoscendo di avere un’anima spirituale ed immortale, non si lascia illudere da fallaci funzioni, che fluiscono unicamente dalle condizioni fisiche e sociali, e va a toccare in profondo la verità stessa delle cose”. Si tratta di un umanesimo “integrale”, anzi “plenario” come si esprime lo stesso beato Paolo VI. Umanesimo plenario perché “tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo come a suo centro e suo vertice”.
Alla domanda: Uomo, chi sei?, la risposta è una sola: corpo e spirito; essere vivente di vita vegetativa e sensitiva, un vero microcosmo perché sintetizza in sé il mondo sensibile; ma non è circoscritto in esso, anzi lo trascende, grazie all’anima spirituale, libera, immortale e proiettata verso l’infinito. L’umanesimo cristiano non disprezza il corpo, né lo considera prigione dell’anima alla maniera platonica, perché questo corpo è destinato alla risurrezione; rifiuta di considerare l’uomo una particella inconsapevole della natura. “La natura intellettuale dell’uomo, continua il documento del Vaticano II, raggiunge la perfezione attraverso la sapienza, la quale attrae con soavità la mente a cercare e ad amare il vero e il bene, e, quando l’uomo ne è ripieno, lo conduce attraverso il visibile all’invisibile” (CM 12). La Sapienza ha lo stesso tema di “sapore”,  fa assaporare l’oggetto del conoscere, permette di coglierlo con la mente e il cuore per trasformarlo in realtà concreta. La sapienza, che è nell’uomo, è una scintilla di quel divino per cui il grande Agostino d’Ippona diceva:”inquietum est cor hominis usque in Deo non requiescit” (è inquieto il cuore dell’uomo sino a quando non riposa in Dio). Se la sapienza è Dio (Verbum Dei) grande e infinito, la nostra sete del sapere (limitata e circoscritta) è insaziabile, per cui dirà Dante: “Il perder tempo a chi più sa, più spiace”. Giù Socrate parlava di un  “demone” dentro l’uomo; Platone lo significa con l’Idea, per cui il corpo era solo la prigione dell’anima; Aristotele parla dell’intelletto agente, sempre in atto, che spinge la facoltà intellettiva dalla potenza all’atto; per Agostino è la luce divina in noi; per Tommaso d’Aquino è l’intelletto agente, fuoco vivo ed operante; per il Cristiano è la presenza di Dio in noi per cui sant’Agostino dirà: “homo noli foras exire, in teipsum redi, in interiorem hominem stat veritas” in sintonia al dialogo di Gesù con la samaritana, la quale aveva chiesto al Maestro: voi ebrei pregate nel Tempio di Gerusalemme, noi samaritani saliamo sul monte; chi agisce bene?, chi ha ragione? E Gesù: donna, Dio è spirito e verità, per incontrarti con Dio bisogna entrare nel sacrario del cuore. In questa sua interiorità l’uomo scopre Dio e nella sua luce ritrova il meglio di sé, il suo principio, il suo scopo ultimo e decide del proprio destino.
Fondamento della sapienza è il rispetto e l’osservanza   cosciente di quella norma che l’uomo trova nel santuario intimo della propria coscienza. Nella fedeltà alla legge, che si esprime “ama” l’uomo realizza la sua massima nobiltà d’animo e lo porta a collaborare con gli altri nella ricerca del vero e del bene. Alla moralità è connessa la libertà, dono divino all’uomo, che lo rende arbitro del proprio destino. Libertà che non può e non deve essere “libertinaggio” nella consapevolezza che la mia libertà finisce se si scontra o lede la libertà degli altri. Libertà significa cercare il bene comune e scegliere sempre il meglio e non necessariamente l’utile. Questo uomo non si esaurisce nella propria individualità perché nessuno può essere un’isola. La socialità è una componente essenziale perché l’uomo senza i rapporti con gli altri non può vivere né esplicare le sue doti. Già Aristotele diceva che l’uomo per natura è un essere sociale. Egli nasce in una situazione sociale (la famiglia), necessita delle altre famiglie per costituirsi anch’egli in una sua famiglia, realizza il suo perfezionamento inserito in gruppi sociali quali la Chiesa, la Scuola, il mondo del lavoro, la vita economica, politica e sociale.

 GLI ENIGMI DELL’UOMO

 L’umanesimo cristiano non è ciecamente ottimista perché riconosce le debolezze dell’uomo, questo soggetto mirabile di diritti e di doveri. In questo essere si annida qualcosa che turba: l’egoismo, il dolore, la morte. Nel mondo, di cui l’uomo è parte integrante, che è “cosmo”, cioè ordine, bellezza, armonia, c’è anche debolezza, tendenze tortuose, marimoti e terremoti di ogni genere. Per spiegare questi enigmi i manichei inventarono le due divinità (il dio del bene e il dio del male), altri pensarono alla volontà cieca che guida le cose o al caos in contrapposizione al cosmo o ad una divinità cattiva che si diverte a far soffrire. L’umanesimo cristiano, illuminato dalla fede, non solo scopre la causa del male, ma ne appresta il rimedio. Dio è amore e solo il peccato di orgoglio e di superbia dell’uomo, creato a immagine di Dio, ha trascinato l’uomo alla deriva, lontano da Dio; l’uso perverso della libertà ha generato il disordine fisico e morale e l’uomo, a sue spese, ha sperimentato le triste conseguenze del peccato. La promessa di un salvatore da parte di Dio, l’incarnazione della Sapienza eterna nel seno della Vergine e la passione e morte di Gesù, offertosi al Padre come vittima di riconciliazione, ha ristabilito l’ordine conculcato. Nasce così la Chiesa, questa grande famiglia e popolo di Dio.
A 50 anni ed oltre dalla promulgazione della Gaudium et Spes (e degli altri documenti del Vaticano II) risultano assai valide le considerazioni conciliari sulle cause del male nel mondo ma anche i rimedi che i padri del concilio hanno evidenziato. L’uomo e il mondo sono usciti perfetti dalle mani di Dio tanto che nel libro della genesi si legge: “… e Dio vide che tutte le cose che aveva fatto erano molto buone” (Gen. 1, 31). L’uomo sin dalla creazione è stato dotato della libertà. L’uso perverso di essa scatenò il disordine, il caos e la morte; l’uomo scoprì dopo il peccato di essere “nudo”: nudo perché aveva perduto tutto, nudo per il suo arrivismo ed orgoglio, nudo per aver perduto la grazia e l’amicizia con Dio. L’incarnazione della Sapienza eterna (il Verbo) nel seno della Vergine di Nazareth, l’ubbidienza fiduciosa di Maria al messaggio divino, meritò l’incarnazione del Figlio di Dio e l’inizio della “restauratio magna” attuando così il progetto divino: “metterò inimicizia tra te e la donna … e verrà colei che ti schiaccerà la testa”. Questa dottrina della Gaudium et Spes rivela ancora oggi, anzi oggi più che mai, tutta la sua freschezza ed incisività.
Due mila anni di storia non hanno minimamente offuscato la chiarezza del messaggio cristiano rivissuto e proclamato nel Concilio Vaticano II, indetto e presieduto da Giovanni XXIII ed ultimato e chiuso da papa Paolo VI. In piena sintonia all’antropologia espressa dalla Bibbia, in opposizione alle teorie antropologiche sorte nell’età moderna e sostenute da filosofi storici, poeti e scrittori, la Chiesa del terzo millennio della cristianità si pregia presentare al mondo in chiave attuale le linee fondamentali di quell’umanesimo cristiano, che si affermò nel Medioevo con la Patristica e raggiunse la sua massima espressione con lo Spiritualismo di Agostino e la Scolastica di Tommaso d’Aquino.
Il concilio Vaticano II con la Gaudium et Spes all’uomo di oggi ripropone gli stessi temi con chiarezza, luce e vitalità.
                                                                          Sac. prof. Pietro  Pisciotta




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