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venerdì 17 aprile 2015

Mazara/La laboriosa costruzione portuale

"L'opera del porto"

ieri come oggi sottovalutata l'importanza dell'invaso portuale

Progetto del porto redatto nel 1840 dal Col. Romey e dal sig. Ajello



Nei primi anni dell’ottocento l’economia mazarese, come quella di gran parte della Sicilia, era fondata principalmente sull’agricoltura col predominio del latifondo, basato sulla permanenza di rapporti feudali di produzione. Mancava una classe borghese capace di mutare lo stagnate assetto economico della città:”…la  ricchezza immobiliare è esclusivamente agricola, e solo dopo il '48 incominciano gli investimenti di capitali in case urbane..." scriveva nel 1913 Sebastiano Nicastro nel suo libro "Dal Quarantotto al Sessanta" descrivendo lo stato della città di di Mazara agli inizi del XIX Secolo.
I commercianti inglesi
Non bisogna sorprendersi quindi del fatto che le uniche attività industriali e commerciali di un certo rilievo dei primi anni dell’ottocento siano opera di imprenditori stranieri che riescono a fare della produzione  vinicola mazarese una fomite di  considerevole ricchezza. Durane le guerre napoleoniche, l’occupazione dell’isola da parte dell'esercito inglese permette tra l’altro ad alcuni commercianti d'oltre Manica di scoprire i pregi del prodotto vinicolo delle nostre campagne. Da qui l’inizio delle esportazioni del prodotto e il consolidarsi dei primi stabilimenti a Marsala e Mazara con conseguente miglioramento dei metodi di vinificazione.
E ancora il Nicastro a dirci che “…nei primi del secolo scorso sorse quì uno stabilimento enologico per opera dell’inglese Payne, che aveva chiamato a dirigerlo il suo connazionale G. Hopps. Questi nel 1811 fondò per suo conto una nuova fattoria, venuta ben presto in grande costante rigoglio, mentre la prima, alla morte del fondatore , passò a Mattia Clarkson, il quale continuò ad esercitarla con successo. . .”
E a questi commercianti, produttori del Marsala, che viene affidata, quasi si trattasse di una loro proprietà,  la manutenzione dell’attracco, ossia  della banchina lungo il fiume Mazaro, luogo di imbarco e sbarco dei prodotti. Lungo questa banchina infatti si erano impiantati alcuni fra i più grandi stabilimenti per la produzione del Marsala come quelli dei Woodh, degli Ingham e in seguito dei Florio.


Il porto del Vescovo
E’ soltanto inforno al  1830 che il problema del  porto comincia ad essere affrontato dagli amministratori che intendono, in un primo tempo, iniziare semplicemente l'opera di escavazione della foce. Il primo incarico viene affidato nel 1839 non dal Decurionato (organo corrispondente all’attuale Consiglio Comunale) ma da Mons. Scalabrini, Vescovo della Diocesi di Mazara, a un certo ing. Patti che riceve dal prelato stesso 1000 onze per portare a termine il progetto. E sempre su iniziativa del vescovo Scalabrini che si inizia a pensare alla costruzione di due bracci che difendano la foce; l’incarico di redigere il progetto viene affidato nel 1840 al Colonnello Giovanni Romey dopo che l'ing. Patti, rimasto per oltre un anno a Mazara, non approdò ad alcun risultato. Il Vescovo intanto donò al Comune altri 3600 ducati per “l'opera del porto", ma sia per contrasti sorti fra i decurioni ed il progettista (il progetto Romey sarà di fatto respinto dal Decurionato) sia per mancanza di “volontà politica”, il porto non verrà alla luce e parte delle somme donate dallo Scalabrini verranno utilizzate per la costruzione di alcune strade cittadine. Un ulteriore incarico viene allora affidato, stavolta  dal decurionato, all’ing. Ercole Lauria che nel 1847 presenta un nuovo piano generale per il porto.
La passeggiata a mare
Contemporaneamente l’arch. Gaspare Viviani é incaricato di redigere il progetto di costruzione di una banchina a protezione della costruenda passeggiata a mare: "...Una bellissima banchina, é stata iniziata lungo la spiaggia meridionale della città, che appresta agli abitanti un ameno passeggio, adornata anche da una piantagione di crescenti alberi…” si legge in una Delibera del Decurionato dell'8 Gennaio 1854. La costruzione di questa banchina non ha alcuna portata economia: non risolve, cioè, nessuno dei problemi delegati al porto, eppure la sua costruzione viene ultimata dando alla città un luogo di rappresentanza che soddisfa le vanità campanilistiche.
Il teatro Garibaldi
E’ ancora alla volontà di rivaleggiare con le altre città e di fare apparire Mazara centro elegante del distretto che si cede, intraprendendo la costruzione nel 1848 di un teatro, l’odierno teatro Garibaldi  in via Carmine, ad opera dell’arch. Viviani per il quale vengono utilizzati un’altra buona fetta dei fondi donati dal vescovo Scalabrini per la costruzione del porto. Le vicende che riguardano la costruzione del porto indicano in definitiva una enorme sottovalutazione  del problema: dopo l’approvazione del progetto Lauria del 1847, inizia infatti una lunga serie di vicissitudini,  provocate soprattutto dall’indolenza dell’amministrazione locale. Per quasi vent’anni i fondi destinati al porto sono utilizzati per altre opere e non si riesce ad appaltare nessuno dei lavori compresi nel progetto.

Teatro Garibaldi

Finalmente il porto
Solo nel 1855 viene appaltata lo costruzione della banchina di levante, prevista dal progetto Lauria, che dopo molte lungaggini viene ultimata nel 1869. E intanto si inviano suppliche al Governo perché intervenga nell’annosa questione e mandi almeno una draga per l’escavazione del canale. A monte della vicenda vi é l’incapacità di vedere nel porto una reale causa di sviluppo economico. La mancanza, nel gruppo di commercianti locali, di spirito imprenditoriale ed anche la inesistenza della pesca come attività economica di un certo livello, fanno si che al porto non si dedichi mai tutta l'attenzione necessaria. Si arriva cosi dopo  una gran perdita di tempo, ad approvare nel 1873 un progetto affidato all’ing. Leonardo Previti; il progetto prevede soltanto la costruzione della banchina di levante lungo il fiume e la costruzione della scalinata di Piazza Serraglio.


Scalinata di Piazza Serraglio 1873


 I lavori vengono terminati nel giro di pochi anni. Intorno al 1885 iniziano le escavazioni del fondo del fiume ad opera della draga Cariddi, che permettono di ricevere nel porlo “legni”di maggiore stazza. La fine dell’Ottocento vede completare le opere accessorie, quali il faro, la grue solleva carichi ed alcune boe luminose a segnalare le secche in prossimità dell'ingresso. Nel 1915 viene costruito un braccio a ponente, ma la zona di mare fra le due banchine non potrà essere utilizzata se non verso gli anni '30, data la scarsa profondità dei fondali.
Mario Giubilato
estratto da L'Arco, Anno V n.1- Maggio 1992, pp.32-34

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