"L'opera del porto"
ieri come oggi sottovalutata l'importanza dell'invaso portuale
Progetto del porto redatto nel 1840 dal Col. Romey e dal sig. Ajello |
Nei
primi anni dell’ottocento l’economia mazarese, come quella di gran parte della Sicilia,
era fondata principalmente sull’agricoltura col predominio del latifondo,
basato sulla permanenza di rapporti feudali di produzione. Mancava una classe
borghese capace di mutare lo stagnate assetto economico della città:”…la ricchezza immobiliare è esclusivamente agricola,
e solo dopo il '48 incominciano gli investimenti di capitali in case
urbane..." scriveva nel 1913 Sebastiano Nicastro nel suo libro "Dal
Quarantotto al Sessanta" descrivendo lo stato della città di di Mazara
agli inizi del XIX Secolo.
I
commercianti inglesi
Non
bisogna sorprendersi quindi del fatto che le uniche attività industriali e commerciali
di un certo rilievo dei primi anni dell’ottocento siano opera di imprenditori
stranieri che riescono a fare della produzione
vinicola mazarese una fomite di
considerevole ricchezza. Durane le guerre napoleoniche, l’occupazione
dell’isola da parte dell'esercito inglese permette tra l’altro ad alcuni
commercianti d'oltre Manica di scoprire i pregi del prodotto vinicolo delle nostre
campagne. Da qui l’inizio delle esportazioni del prodotto e il consolidarsi dei
primi stabilimenti a Marsala e Mazara con conseguente miglioramento dei metodi
di vinificazione.
E
ancora il Nicastro a dirci che “…nei primi del secolo scorso sorse quì uno
stabilimento enologico per opera dell’inglese Payne, che aveva chiamato a
dirigerlo il suo connazionale G. Hopps. Questi nel 1811 fondò per suo conto una
nuova fattoria, venuta ben presto in grande costante rigoglio, mentre la prima, alla morte del fondatore , passò a Mattia Clarkson, il quale continuò ad esercitarla
con successo. . .”
E
a questi commercianti, produttori del Marsala, che viene affidata, quasi si
trattasse di una loro proprietà, la
manutenzione dell’attracco, ossia della
banchina lungo il fiume Mazaro, luogo di imbarco e sbarco dei prodotti. Lungo questa
banchina infatti si erano impiantati alcuni fra i più grandi stabilimenti per
la produzione del Marsala come quelli dei Woodh, degli Ingham e in seguito
dei Florio.
Il
porto del Vescovo
E’
soltanto inforno al 1830 che il problema
del porto comincia ad essere affrontato
dagli amministratori che intendono, in un primo tempo, iniziare semplicemente
l'opera di escavazione della foce. Il primo incarico viene affidato nel 1839
non dal Decurionato (organo corrispondente all’attuale Consiglio Comunale) ma da
Mons. Scalabrini, Vescovo della Diocesi di Mazara, a un certo ing. Patti che
riceve dal prelato stesso 1000 onze per portare a termine il progetto. E sempre
su iniziativa del vescovo Scalabrini che si inizia a pensare alla costruzione
di due bracci che difendano la foce; l’incarico di redigere il progetto viene affidato
nel 1840 al Colonnello Giovanni Romey dopo che l'ing. Patti, rimasto per oltre
un anno a Mazara, non approdò ad alcun risultato. Il Vescovo intanto donò al
Comune altri 3600 ducati per “l'opera del porto", ma sia per contrasti
sorti fra i decurioni ed il progettista (il progetto Romey sarà di fatto respinto
dal Decurionato) sia per mancanza di “volontà politica”, il porto non verrà
alla luce e parte delle somme donate dallo Scalabrini verranno utilizzate per
la costruzione di alcune strade cittadine. Un ulteriore incarico viene allora
affidato, stavolta dal decurionato,
all’ing. Ercole Lauria che nel 1847 presenta un nuovo piano generale per il
porto.
La
passeggiata a mare
Contemporaneamente
l’arch. Gaspare Viviani é incaricato di redigere il progetto di costruzione di
una banchina a protezione della costruenda passeggiata a mare: "...Una
bellissima banchina, é stata iniziata lungo la spiaggia meridionale della città,
che appresta agli abitanti un ameno passeggio, adornata anche da una
piantagione di crescenti alberi…” si legge in una Delibera del Decurionato dell'8
Gennaio 1854. La costruzione di questa banchina non ha alcuna portata economia:
non risolve, cioè, nessuno dei problemi delegati al porto, eppure la sua
costruzione viene ultimata dando alla città un luogo di rappresentanza che
soddisfa le vanità campanilistiche.
Il
teatro Garibaldi
E’
ancora alla volontà di rivaleggiare con le altre città e di fare apparire
Mazara centro elegante del distretto che si cede, intraprendendo la costruzione nel
1848 di un teatro, l’odierno teatro Garibaldi
in via Carmine, ad opera dell’arch. Viviani per il quale vengono
utilizzati un’altra buona fetta dei fondi donati dal vescovo Scalabrini per la
costruzione del porto. Le vicende che riguardano la costruzione del porto
indicano in definitiva una enorme sottovalutazione del problema: dopo l’approvazione del
progetto Lauria del 1847, inizia infatti una lunga serie di vicissitudini, provocate soprattutto dall’indolenza
dell’amministrazione locale. Per quasi vent’anni i fondi destinati al porto
sono utilizzati per altre opere e non si riesce ad appaltare nessuno dei lavori
compresi nel progetto.
Teatro Garibaldi |
Finalmente
il porto
Solo
nel 1855 viene appaltata lo costruzione della banchina di levante, prevista dal
progetto Lauria, che dopo molte lungaggini viene ultimata nel 1869. E intanto
si inviano suppliche al Governo perché intervenga nell’annosa questione e mandi
almeno una draga per l’escavazione del canale. A monte della vicenda vi é l’incapacità
di vedere nel porto una reale causa di sviluppo economico. La mancanza, nel
gruppo di commercianti locali, di spirito imprenditoriale ed anche la
inesistenza della pesca come attività economica di un certo livello, fanno si
che al porto non si dedichi mai tutta l'attenzione necessaria. Si arriva cosi
dopo una gran perdita di tempo, ad
approvare nel 1873 un progetto affidato all’ing. Leonardo Previti; il progetto
prevede soltanto la costruzione della banchina di levante lungo il fiume e la
costruzione della scalinata di Piazza Serraglio.
Scalinata di Piazza Serraglio 1873
Mario Giubilato
estratto da L'Arco, Anno V n.1- Maggio 1992, pp.32-34
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