Evangelizzazione ed Ecumenismo
La Chiesa di Mazara, punta avanzata
che si rispecchia nel Mediterraneo, Diocesi istituita nel 1093 dal conte Ruggero
d’Altavilla come sentinella di guardia in una realtà territoriale dove si erano
avvicendati popoli diversi per cultura e religione,è riuscita in un millennio
di storia a fare pacificamente convivere i fedeli delle tre confessioni
monoteistiche: cristiani, ebrei e musulmani. Questa Chiesa di Mazara oggi è
chiamata per la sua esperienza millenaria ad essere faro e punto di riferimento
a popoli di cultura diversa.
Tustino – un vescovo paciere
Già uno dei suoi primi Vescovi,
Tustino (1156-1180) nel 1168 sedette tra i giudici ecclesiastici per risolvere
e definiregiudizialmente l’annosa lotta
tra i benedettini dell’Abbazia di Santa Eufemia e i canonici del monastero di
Bagnara. Lo stesso vescovo da re Guglielmo fu inviato nella regione Puglia per
sedare la rivolta del baronaggio che minacciava di estendersi alla Calabria e
alla Sicilia.
Giovanni Bessarione – cardinale e
vescovo di Mazara
Figura assai valida si rivelò altresì
Giovanni Bessarione, monaco basiliano, cardinale e vescovo di Mazara ( 1449-1458
), grande teologo ed umanista, definito dal Valla: “inter graecosgraecissimus, inter latinoslatinissimus”, convinto
sostenitore delle ragioni della Chiesa latina, partecipò al Concilio di
Ferrara-Firenze (1438-1445) e si adoperò per l’unione della Chiesa latina con
la Chiesa bizantina. Questa si era separata dalla Chiesa Romana nell’anno 1054
quando venneconsumato lo scisma d’Oriente, che portò alla nascita della Chiesa
cristiana ortodossa; uno scisma iniziato da Fozio e consumato nel 1053 da
Michele Celulario. Uno scisma ormai millenario
che, ancora oggi, vede contrapposte la Chiesa Romana con tutti i suoi vescovi,
centralizzata nella persona del Vescovo
di Roma, oggi Papa Francesco, e la Chiesa Ortodossa caratterizzata dal “Santo e Grande Sinodo della Chiesa
Ortodossa”, costituito dalle 14 Chiese autocefale: i quattro Patriarcati
antichi, riconosciuti prima dell’anno 451: (Il Patriarca di Costantinopoli, il
Patriarca di Alessandria, il Patriarca di Antiochia e il Patriarca di
Gerusalemme); inoltre il Patriarcato di Mosca ( eretto nel 1589), il
Patriarcato bulgaro (eretto negli anni 1918-1919 da un sinodo bulgaro e
riconosciuto da Costantinopoli); il Patriarcato di Serbia (eretto nel 1346 e
riconosciuto da Costantinopoli nel 1375; poi soppresso e riconosciuto per la 2^
volta nel 1920) ; il Patriarcato romeno
( riconosciuto ufficialmente nel 1925); il Patriarcato della Georgia
(ufficialmente riconosciuto nel 1990). Al Grande Sinodo sono da aggiungersi le n. 5 Chiese autocefale ma non patriarcali: la
Chiesa di Cipro ( riconosciuta ufficialmente nel concilio di Efeso, anno 431);
la Chiesa Greca (la sua indipendenza
inizia nel 1850); la Chiesa polacca (anno 1984); la Chiesa albanese (anno 1937) e la Chiesa cecoslovacca (anno
1998). Punti controversi tra la Chiesa romana o latina e la Chiesabizantina o
ortodossa, oltre la questione teologica del “Filioque” e della supremazia del Romano Pontefice (se debba
trattarsi di priorità di onore o di giurisdizione), ed inoltre alcune questioni
di ordine liturgico e pastorale.Un grande tentativo di conciliazione tra Roma e
Bisanzio si ebbe al Concilio di Ferrara-Firenze, artefice principale Giovanni
Bessarione, mentre era Sommo Pontefice a Roma papa Eugenio IV (1431-1447). Il
Concilio era stato aperto a Ferraral’8 gennaio 1438; il 7 marzo era sbarcato a
Venezia, lo stesso Patriarca di Costantinopoli molto preoccupato, in verità, di
come si sarebbe svolto il cerimoniale dell’incontro con il Papa; diceva,
infatti, il Patriarca: “Se il Papa è più
anziano di me, lo onorerò come un padre; se è più giovane, come un figlio mio;
se è della medesima età, come un fratello”. Arrivato a Ferrara, dichiarò ai
suoi accoliti che non avrebbe baciato il piede; ma papa Eugenio lo dispensò da
quest’atto, anzi, lo accolse in piedi e lo baciò sulla guancia; poi, sedutosi,
ammise i vescovi greci al bacio della guancia e della mano. Il Concilio si
prefiggeva tre obiettivi: l’unione con i Greci e gli altri dissidenti, la
riforma della Chiesa e la pace tra i
popoli cristiani. Era presente l’imperatore bizantino Giovanni VIII il
Paleologo, che auspicava il superamento
delle controversie e la pace delle Chiese. Il Concilio il 26 febbraio 1439 a
motivo della peste sopraggiunta dovette trasferirsi a Firenze: delle teste
coronate nessuno volle raggiungere questa città, con grande rammarico dell’imperatore bizantino. Il
Bessarionesi adoperò per arrivare presto alla bolla di unione, che fu scritta
in due lingue e firmata dal Pontefice, dai cardinali e dall’imperatore
bizantino. I Greci si affrettarono presto a partiree l’imperatore lasciò
Firenze per Venezia il 26 agosto; Papa
Eugenio IV non ebbe la soddisfazione di avere una risposta ai vari punti
prefissati se non la formale unione con i Greci. L’Unione non ebbe molto
seguito: Giovanni VIII morì nel 1448 senza aver visto pubblicata la bolla
d’unione a Santa Sofia; molti gridarono allo scandalo dicendo che preferivano
essere turchi piuttosto che latini. E i Turchi in realtà conquistarono
Costantinopoli il 29 maggio 1453: d’allora il Tempio di Santa Sofia
divenne una moschea. Anche il Pontefice
romano, Eugenio IV, chiudeva gli occhi il 23 febbraio 1447 e sul letto di morte
fu udito esclamare: “O Gabriello, come sarebbe stato meglio per la salute della
tua anima che tu non fossi stato né Papa, né Cardinale, ma semplice monaco
agostiniano”. Il Bessarione da Papa Eugenio IV fu creato cardinale nel 1439 dal
titolo dei Santi XII Apostoli per i suoi altissimi meriti e la profonda cultura
e un decennio dopo fu trasferito come
Vescovo di Mazara (1449-1458) dove, come memoria, fece costruire un grande
orologio a sfera sul Piano Maggiore della città da collocare sulla torre
campanaria della chiesa di Santa Chiara; confermò al Capitolo l’uso
dell’almuzia; nel 1457 donò alla Cattedrale una preziosa icona rappresentante
la Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor. D’allora la Cattedrale mutò il
titolo primitivo del “Salvatore e della Sua Vergine Madre” in quello della
“Trasfigurazione di Gesù”. Nel 1532 l’icona fu sostituita con il celebre gruppo
gaginiano. Da Mazara, un decennio dopo, nel 1458 il Bessarione fu trasferito
alla sede arcivescovile di Pamplona.
La Chiesa di Mazara: porta sempre
aperta
La Chiesa di Mazara non chiusemai gli
occhi sulle sollecitazioni che provenivano dal vicino oriente e sulle necessità
che opprimevano i fratelli bizantini e
nella diaspora albanese, dovuta all’invasione turca, accolse nel Casale
Bizirquanti erano fuggiti dalla loro patria per l‘invasione della Mezzaluna;poi
offrì loro quelle terre del territorio diocesano, che oggi costituiscono Piana
degli Albanesi, e conservò ottimi rapporti con questi fratelli pocofortunati
mettendo a disposizione parte del suo territorio diocesano.
Papa Giovanni XXIII: un uomo mandato
dal cielo il cui nome era “Giovanni”
A distanza di novecento anni dalla scissione, che nel 1054 lacerò
l’unità dei cristiani, “venne un uomo mandato dal cielo il cui nome era
Giovanni”, così si espresse il Patriarca di Costantinopoli all’elezione di
Angelo Roncalli a Pontefice che assunse il nome di Giovanni XXIII. MutatioEcclesiae?, tutt’altro! La
Chiesa, depositaria della Verità di Cristo, nel medioevo aveva assunto un
atteggiamento storico di carattere polemico e difensivo, dovendo far fronte
alle eresie che minacciavano la veste “inconsutile” della Chiesa. La stagione polemica
della Chiesa, scrive Ernesto Balducci, fu certamente una stagione grandiosa; ma
l’avvento di Giovanni XXIII sulla cattedra di Pietro, scandisce nella storia
dellaChiesa un momento storico nuovo; come diceva Cristo Gesù, è necessario
sapere cogliere i segni dei tempi e la volontà espressa di Dio, che è la
volontà di unità, amore e salvezza.
Nella Chiesa in verità, è stata sempre presente la formadella condanna, come anche la forma
della misericordia. Essa infatti sente sempre la responsabilità delle sue
scelte storiche e della individuazione delle ragioni oggettive di un
determinato momento. Tali scelte o preferenze non sono dettate da deduzioni
logiche quanto sono scelte morali dettate da una intuizione della carità. La
storia del cristianesimo del terzo millennio è certamente illuminata dalla
insigne opera pastorale di Papa Giovanni
XXIII. Un uomo scelto dalla Provvidenza a guida della Chiesa, un uomo preparato
dall’azione misteriosa dello Spirito Santo. Il Roncalli, il futuro Giovanni
XXIII, conosceva bene il mondo ortodosso per i suoi lunghi rapporti diplomatici
avuti sin dalla sua giovinezza. Assunto, ancora giovane sacerdote, dal Prefetto
di Propaganda Fide per riorganizzare in
Italia l’Opera della propagazione della Fede, trepidante aveva accettato
l’incarico dietro consiglio del cardinale Ferrari che gli aveva scritto:
“volontà del Papa rosso, è volontà del Papa bianco; dunque è volontà di Dio,
accetti!” e negli anni venti percorse tutta l’Italia; nel 1923 fu anche a
Mazara del vallo, ospite in Cattedrale per tre giorni di mons. Giovanni
Battista Criscuoli, suo condiscepolo a Roma, lasciando nel suo passaggio una
scia luminosa. Delegato Apostolico nel 1934 prima in Bulgaria, poi a
Costantinopoli, conosceva personalmente la realtà della Chiesa Ortodossa e la
sua spiritualità: lo stesso credo, le stesse verità, lo stesso Dio uno nella
sostanza e trino nelle Persone. Divenuto Pontefice ed indetto il Concilio
Vaticano II, Giovanni XXIII con la Bolla Humanaesalutis
dell’11 ottobre 1962, richiese la presenza nell’aula delle assisi di un gruppo
qualificato di osservatori di diverse comunità cristiane e tra queste la Chiesa
ortodossa nelle varie sfaccettature di Chiese autocefale. “Apriamo il cuore e
le braccia a tutti coloro che sono
separati da questa Chiesa apostolica, dove Pietro vive nei suoi successori.
Desideriamo ardentemente il loro ritorno nella casa del Padre comune”. Facciamo
leva, soleva dire il Papa, su ciò che ci unisce e presto o tardi il resto
troverà una valida soluzione.
L’azione ecumenica di papa PaoloVI
Giovanni XXIII non poté chiudere i lavori del Concilio, ma il 7 dicembre 1965
a Roma Paolo VI cancellava la scomunica con un “gesto di giustizia e di
perdono” e contemporaneamente a Costantinopoli il Patriarca Atenagora “nello stesso
spirito” toglieva l’anatema lanciata da Michele Celulario. Il papa Paolo VI era
convinto che con la Chiesa Ortodossa era possibile realizzare quamprimum “una quasi totale
comunione”;in realtà, scrive Luca di Schiena, c’è una diffusa disponibilità del
mondo ortodosso a riconoscere un primato di onore al Papa, capo della Chiesa
apostolica romana, ricchissima di storia e di testimonianze petrine e paoline,
ma, va chiarito, che l’espressione “Primus
inter pares” è usato dai cattolici e dagli ortodossi in cotesti teologici
diversi. Mentre la potestà ecclesiastica
per gli ortodossi discende dal sacramento dell’Ordine ( e il vescovo è
la somma autorità), per gli occidentali vale il concetto di potestà
giurisdizionale avente, per natura, un ordinamento gerarchico verticale. “Primus inter pares” per gli Ortodossi è
un Vescovo tra i vescovi, cu viene attributo un “primato di onore”, mentre per
i Cattolici è il capo indiscusso della Chiesa universale.
Mazara del Vallo 08 maggio 1993
Il Santo Padre, accompagnato dal Vescovo di Mazara, Sua Eccellenza Emanuele Catarinicchia, dal Cardinale di Palermo, Sua Eminenza Salvatore Pappalardo si accinge a raggiungere la cattedrale
La visione di Chiesa di papa Giovanni
Paolo II
Papa Giovanni Paolo II affida
all’Oriente cristiano il ruolo essenziale di uno dei “due polmoni di una sola
Chiesa che danno fiato a quella universale ribadendo così la pari dignità del
polmone occidentale (che parla in latino) e di quella orientale (che lo fa in
greco-slavo). Giovanni Paolo II si rivelò instancabile nell’opera
dell’avvicendamento delle due Chiese sorelle e nel 1979, lasciando
Costantinopoli, formulò l’auspicio che “l’alba del terzo Millennio” potesse
salutare l’unione delle Chiese; mentre il 4 maggio 1987, a Spira, in Germania,
aveva invitatola Chiesa ortodossa ad “una sollecita unione” riconoscendo con
ammirazione “la sua fedeltà a Cristo e il coraggio della professione della fede”.Di portata
storico-teologica, ad alto rilievo,si può considerare la visita del
Patriarca ecumenico Dimitrios I alla città di Roma dal 3 al 7 dicembre 1987. Nell’occasione
Dimitrios non ha lesinato i riferimenti alla Chiesa di Roma, che presiede nella
carità” la Chiesa una, santa Cattolica ed apostolica; una Chiesa dove il
Vescovo di Roma è designato dallo stesso Cristo Gesù a presiedere nell’amore e
nell’onore.
Gli auspici di papa Benedetto XVI
Il 15 maggio 2009 papa Benedetto XVI,
nell’incontrare il Patriarca greco ortodosso, sua beatitudine il patriarca Teofilo
III, si disse ben lieto del momento storico chiamato a vivere e fece richiamo
agli storici incontri di papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora I,
come pure l’incontro di Paolo VI e sua beatitudine il patriarca Diodoros.
Questi incontri, evidenziava papa Benedetto, ci ricordano che la luce da
Oriente (cfr. Is, 60 e Ap. 21, 10) ha illuminato il mondo intero sin dal
momento in cui “un sole che sorge”
venne a visitarci (Lc. 1, 7-8) e ci rammentano che da qui il Vangelo venne
predicato a tutte le nazioni. Papa Benedetto XVI fece memoria del suo ultimo
incontro a Roma con sua santità Bartolomeo I, patriarca ecumenico di
Costantinopoli, venuto a Roma per partecipare al Sinodo dei vescovi dedicato al
tema: La parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.
Papa Francesco e il suo progetto di
carità
Significativi si rivelano gli
incontri e i viaggi ecumenici intrapresi
da papa Francesco a Lesbo per incontrare i patriarchi Bartolomeo e Hieronymus,
a Cuba con il patriarca di Mosca Kirill, a Lund per la commemorazione congiunta
sulla Riforma luterana: incontri ecumenici, afferma papa Francesco che non sono
il frutto dell’Anno della misericordia ma del Concilio Vaticano II indetto da
San Giovanni XXIII che con la Gaudet
mater Ecclesia ha indicato il
sentiero da seguire, poi il beato Paolo VI che nella storia del Samaritano ha
visto il suo paradigma e san Giovanni Paolo II con la enciclica Dives in Misericordia e l’istituzione
della festa della Divina Misericordia ha posto forti pilastri per il compimento
del progetto divino: la Unitatisreintegratio.
L’unità, evidenzia papa Francesco, non si fa perché ci mettiamo d’accordo tra
di noi, ma perché camminiamo seguendo Gesù e, camminando, possiamo scoprirci
uniti. Camminando e lavorando insieme, ci rendiamo conto che siamo già uniti
nel nome del Signore. L’unità, conclude il Papa, non la creiamo noi, ma è opera
dello Spirito Santo che ci sospinge e ci porta avanti.I nostri fratelli
cristiani ortodossi, osserva papa Francesco con grande rispetto,ci hanno
insegnato a fare Sinodo; in realtà la sinodalità è la caratteristica essenziale
della Chiesa e lo stesso Pontefice il 17 ottobre 2015, in occasione del Sinodo dei Vescovi, ha
evidenziato come già nella Chiesa latina essa è stata istituita con la “Apostolica
sollecitudo” del 15 settembre 1965.Il Sinodo va collocato infatti
nell’ampio orizzonte spirituale ed ecclesiologico della “Chiesa in ascolto” nel quale tutti ascoltano la parola di Dio e la
voce dello Spirito e dove la funzione della gerarchia viene interpretata con la
categoria del servizio e non del potere.Ilfondamentobiblico, al di là del
modello veterotestamentario di Mosè e i 70 anziani (cfr. Es. 18, 13-27 e Dt. 1,
5-18),resta il “concilio apostolico di
Gerusalemme” (At., 15) dove la decisione finale è assunta nello Spirito
Santoda coloro che detengono un ufficio. Il tutto, poi, è inserito nella vita delle comunità dei fedeli di Gerusalemme e di Antiochia.
Mazara, porta sempre aperta al
dialogo
Il dialogo con i fratelli ortodossi appare oggi più che mai
necessario ed improcrastinabile e risponde alla preghiera di Gesù: “Padre, che
siano tutti una cosa sola…”; problema ecumenico assai vivo nel mondo e in
questa Chiesa di Mazara, data la presenza oggi di un numero considerevole di
fedeli ortodossi provenienti dai patriarcati dell’Europa orientale. Se Giovanni XXIII fu, come ebbe a
dire il Patriarca di Costantinopoli: “l’uomo mandato da Dio il cui nome era
Giovanni”, l’auspicio oggi è quello di vedere papa Francesco vero protagonista
di quella “unione” tanto sofferta e desiderata nel medioevo e agli albori
dell’età moderna dal cardinale Giovanni Bessarione, già vescovo di questa
Chiesa santa che è in Mazara. La via ecumenica, ieri come oggi, passa da
Mazara, città europea posta a 150 km dall’Africa, città simbolo della pacifica
convivenza fra musulmani e cristiani; Mazara, città che si apre nel vasto
orizzonte mediterraneo dove il mondo cristiano (cattolici ed ortodossi) ha scritto
gloriose pagine di storia. Agli albori del terzo millennio del cristianesimo
questa chiesa di Mazara, illuminata dalla forza dello Spirito Santo, alla
preghiera e con la preghiera fa seguire atti che scandiscono passi concreti per
un dialogo sempre più aperto e costruttivo che permette a cattolici ed
ortodossi di gustare la bellezza delle relazioni e la gioia dell’incontro. Il
Pontefice aveva accennato “ai due polmoni” con i quali vive e si perpetua la
Chiesa “Una e Santa”, istituita da
Cristo Gesù mentre “ostia pura, santa ed immacolata” si offre al Padre, dopo
avere elevato la preghiera per l’unità. La forza santificatrice dello Spirito
Santo, che guida e sostiene questo popolo santo di Dio, ci spinge a tendere la
mano l’uno all’altro nostro fratello, auspicio e garanzia di quella “UnitatisRedintegratio” auspicata
dal Concilio Vaticano II che richiama la preghiera di Cristo Gesù: “Padre, che
siano tutti una cosa sola” per essere consumati nell’unità. Così la Chiesa di
Mazara oggi sperimenta e si arricchisce del tesoro della sinodalità, tema caro
ai fratelli ortodossi, mentre apre il cuore e le braccia a tanti fratelli
ospiti immigrati in questo territorio e provenienti dall’esteso mondo
dell’Oriente cristiano: sono rumeni, serbi, albanesi, russi. Nasce così quella
osmosi mirabile dove la comunità
locale di Castelvetrano mette a disposizione dei fratelli ortodossi prima la
centralissima chiesa di Sant’Antonio di Padova, poi, la chiesa di sant’Antonio
abate assai più ampia ed accogliente per offrire ed assicurare un luogo di preghiera, una oasi di
spiritualità; la stessa cosa si verifica nella religiosa città di Marsala dove
la comunità di Maria SS. Bambina offre una loro chiesa in contrada Ventrischi,
mentre la parrocchia san Francesco di Paola accoglie i fratelli ortodossi nella cripta della stessa chiesa
parrocchiale. La fede e la stima reciproca portò ieri il P. CiprianMunteana,
oggi il P. Daniel Bascauano ad incontrarsi con il Vescovo di questa Chiesa, mons.
Domenico Mogavero, in modo affettuoso, vera condivisione lieta di una fede
comune che coinvolge ogni giorno più cattolici ed ortodossi, testimonianza di
quell’essere una Chiesa sola per la
quale Cristo ha pregato. Le stesse sollecitudini del vescovo Domenico Mogavero sono rivolte
verso tutte quelle Chiesa sorelle che si affacciano nel Mare mediterraneo dove
la C.E.R.N.A. (Conferenza episcopale dei Vescovi del Nord Africa, che abbraccia
la Libia, Algeria, Marocco, Tunisia e Sahara occidentale), invitata dal Vescovo
di Mazara si è riunita in sinodo, collegialmente, per dibattere il tema: “Le
Chiesa sulla sponda del Mediterraneo chiamate a collaborare su emigrazione e
Nuova Evangelizzazione”. Questo mare, in realtà, oggi è attraversato da mille
contraddizioni ma anche da mille aspirazioni, tendenze ed impegno per
l’incontro tra popoli diversi per cultura e religione. La “primavera araba” è
stata una rivolta di popolo intesa alla rivendicazione della libertà e dei
diritti fondamentali dell’uomo; ed è in questa chiave che i Vescovi vedono una
prospettiva per potere chiedere l’attuazione
del diritto alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza. Oggi il
Mediterraneo, evidenzia mons. Domenico Mogavero, è in grande fermento e le tre
religioni monoteistiche che lo abitano
hanno una irrepetibile vocazione
unificante perché possono accompagnare i popoli, che lottano per la
democrazia, ad intraprendere
correttamente la strada della partecipazione ancorandola sulla centralità
e dignità della persona, avendo di mira il progresso e lo sviluppo, nella
ricerca della pace, non elevando muri ma costruendo ponti attraverso il
dialogo. Un’eco della visione ecumenica
della Chiesa di Mazara, scrive mons. Vito Rallo, si può altresì cogliere nella
lapide fatta apporre dal sacerdote prof. Gaspare Morello, in occasione dei
festeggiamenti di san Vito, patrono di Mazara e dalla Diocesi, nel 1977 sul
lato ovest del palazzo dei Cavalieri di Malta che recita:
“… spera che leggi più eque rendano
amiche le acque delle opposte sponde l’Africana e l’Europea nel nome del
Dio Universale Padre di tutte le genti cristiane ed islamiche facendone un solo
mare libero al lavoro, fecondo di Pace”.
Il pontefice San Giovanni Paolo II l’8 maggio
1993, pellegrino ed ospite di questa Chiesa di Mazara, sul palco situato nel
litoraleprospiciente la chiesa di San Vito al mare, nello stendere le mani
della consacrazione ha ribattezzato il Mediterraneo come il “Mare segno dei
tempi”; il mare dal qualerilanciare i valori religiosi, per la riconciliazione
dei popoli che si affacciano su di esso; vera culla della civiltà mediterranea
e luogo di nascita e di crescita delle tre religioni monoteistiche. Possa
finalmente questo mare, che lambisce da secoli le fondamenta di questa Chiesa
santa di Dio e nel quale si rispecchia lo spiazzale Giovanni Paolo II,
diventare crocevia di popoli fratelli, illuminati dalla croce di Cristo Gesù e
sostenuti dalla potenza dell’Amore. I
tempi certamente appartengono all’azione dello Spirito Santo, ma la carità, il
servizio sono affidati all’uomo.
Don
Pietro Pisciotta
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