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mercoledì 14 giugno 2017

Mazara: una Chiesa a servizio della carità

Evangelizzazione ed Ecumenismo

La Chiesa di Mazara, punta avanzata che si rispecchia nel Mediterraneo, Diocesi istituita nel 1093 dal conte Ruggero d’Altavilla come sentinella di guardia in una realtà territoriale dove si erano avvicendati popoli diversi per cultura e religione,è riuscita in un millennio di storia a fare pacificamente convivere i fedeli delle tre confessioni monoteistiche: cristiani, ebrei e musulmani. Questa Chiesa di Mazara oggi è chiamata per la sua esperienza millenaria ad essere faro e punto di riferimento a popoli di cultura diversa.






Tustino – un  vescovo paciere
Già uno dei suoi primi Vescovi, Tustino (1156-1180) nel 1168 sedette tra i giudici ecclesiastici per risolvere e definiregiudizialmente   l’annosa lotta tra i benedettini dell’Abbazia di Santa Eufemia e i canonici del monastero di Bagnara. Lo stesso vescovo da re Guglielmo fu inviato nella regione Puglia per sedare la rivolta del baronaggio che minacciava di estendersi alla Calabria e alla Sicilia.





Giovanni Bessarione – cardinale e vescovo di Mazara
Figura assai valida si rivelò altresì Giovanni Bessarione, monaco basiliano, cardinale e vescovo di Mazara ( 1449-1458 ), grande teologo ed umanista, definito dal Valla: “inter graecosgraecissimus, inter latinoslatinissimus”, convinto sostenitore delle ragioni della Chiesa latina, partecipò al Concilio di Ferrara-Firenze (1438-1445) e si adoperò per l’unione della Chiesa latina con la Chiesa bizantina. Questa si era separata dalla Chiesa Romana nell’anno 1054 quando venneconsumato lo scisma d’Oriente, che portò alla nascita della Chiesa cristiana ortodossa; uno scisma iniziato da Fozio e consumato nel 1053 da Michele Celulario. Uno  scisma ormai millenario che, ancora oggi, vede contrapposte la Chiesa Romana con tutti i suoi vescovi, centralizzata nella persona  del Vescovo di Roma, oggi Papa Francesco, e la Chiesa Ortodossa caratterizzata   dal “Santo e Grande Sinodo della Chiesa Ortodossa”, costituito dalle 14 Chiese autocefale: i quattro Patriarcati antichi, riconosciuti prima dell’anno 451: (Il Patriarca di Costantinopoli, il Patriarca di Alessandria, il Patriarca di Antiochia e il Patriarca di Gerusalemme); inoltre il Patriarcato di Mosca ( eretto nel 1589), il Patriarcato bulgaro (eretto negli anni 1918-1919 da un sinodo bulgaro e riconosciuto da Costantinopoli); il Patriarcato di Serbia (eretto nel 1346 e riconosciuto da Costantinopoli nel 1375; poi soppresso e riconosciuto per la 2^ volta nel 1920) ;  il Patriarcato romeno ( riconosciuto ufficialmente nel 1925); il Patriarcato della Georgia (ufficialmente riconosciuto nel 1990). Al Grande Sinodo sono da aggiungersi le  n. 5 Chiese autocefale ma non patriarcali: la Chiesa di Cipro ( riconosciuta ufficialmente nel concilio di Efeso, anno 431); la Chiesa Greca (la  sua indipendenza inizia nel 1850); la Chiesa polacca (anno 1984); la Chiesa albanese  (anno 1937) e la Chiesa cecoslovacca (anno 1998). Punti controversi tra la Chiesa romana o latina e la Chiesabizantina o ortodossa, oltre la questione teologica del “Filioque” e della supremazia del Romano Pontefice (se debba trattarsi di priorità di onore o di giurisdizione), ed inoltre alcune questioni di ordine liturgico e pastorale.Un grande tentativo di conciliazione tra Roma e Bisanzio si ebbe al Concilio di Ferrara-Firenze, artefice principale Giovanni Bessarione, mentre era Sommo Pontefice a Roma papa Eugenio IV (1431-1447). Il Concilio era stato aperto a Ferraral’8 gennaio 1438; il 7 marzo era sbarcato a Venezia, lo stesso Patriarca di Costantinopoli molto preoccupato, in verità, di come si sarebbe svolto il cerimoniale dell’incontro con il Papa; diceva, infatti,  il Patriarca: “Se il Papa è più anziano di me, lo onorerò come un padre; se è più giovane, come un figlio mio; se è della medesima età, come un fratello”. Arrivato a Ferrara, dichiarò ai suoi accoliti che non avrebbe baciato il piede; ma papa Eugenio lo dispensò da quest’atto, anzi, lo accolse in piedi e lo baciò sulla guancia; poi, sedutosi, ammise i vescovi greci al bacio della guancia e della mano. Il Concilio si prefiggeva tre obiettivi: l’unione con i Greci e gli altri dissidenti, la riforma  della Chiesa e la pace tra i popoli cristiani. Era presente l’imperatore bizantino Giovanni VIII il Paleologo, che  auspicava il superamento delle controversie e la pace delle Chiese. Il Concilio il 26 febbraio 1439 a motivo della peste sopraggiunta dovette trasferirsi a Firenze: delle teste coronate nessuno volle raggiungere questa città, con grande  rammarico dell’imperatore bizantino. Il Bessarionesi adoperò per arrivare presto alla bolla di unione, che fu scritta in due lingue e firmata dal Pontefice, dai cardinali e dall’imperatore bizantino. I Greci si affrettarono presto a partiree l’imperatore lasciò Firenze per Venezia il 26 agosto;  Papa Eugenio IV non ebbe la soddisfazione di avere una risposta ai vari punti prefissati se non la formale unione con i Greci. L’Unione non ebbe molto seguito: Giovanni VIII morì nel 1448 senza aver visto pubblicata la bolla d’unione a Santa Sofia; molti gridarono allo scandalo dicendo che preferivano essere turchi piuttosto che latini. E i Turchi in realtà conquistarono Costantinopoli il 29 maggio 1453: d’allora il Tempio di Santa Sofia divenne  una moschea. Anche il Pontefice romano, Eugenio IV, chiudeva gli occhi il 23 febbraio 1447 e sul letto di morte fu udito esclamare: “O Gabriello, come sarebbe stato meglio per la salute della tua anima che tu non fossi stato né Papa, né Cardinale, ma semplice monaco agostiniano”. Il Bessarione da Papa Eugenio IV fu creato cardinale nel 1439 dal titolo dei Santi XII Apostoli per i suoi altissimi meriti e la profonda cultura e un decennio dopo fu trasferito  come Vescovo di Mazara (1449-1458) dove, come memoria, fece costruire un grande orologio a sfera sul Piano Maggiore della città da collocare sulla torre campanaria della chiesa di Santa Chiara; confermò al Capitolo l’uso dell’almuzia; nel 1457 donò alla Cattedrale una preziosa icona rappresentante la Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor. D’allora la Cattedrale mutò il titolo primitivo del “Salvatore e della Sua Vergine Madre” in quello della “Trasfigurazione di Gesù”. Nel 1532 l’icona fu sostituita con il celebre gruppo gaginiano. Da Mazara, un decennio dopo, nel 1458 il Bessarione fu trasferito alla sede arcivescovile di Pamplona.

La Chiesa di Mazara: porta sempre aperta
La Chiesa di Mazara non chiusemai gli occhi sulle sollecitazioni che provenivano dal vicino oriente e sulle necessità che opprimevano i fratelli bizantini e  nella diaspora albanese, dovuta all’invasione turca, accolse nel Casale Bizirquanti erano fuggiti dalla loro patria per l‘invasione della Mezzaluna;poi offrì loro quelle terre del territorio diocesano, che oggi costituiscono Piana degli Albanesi, e conservò ottimi rapporti con questi fratelli pocofortunati mettendo a disposizione parte del suo territorio diocesano.

Papa Giovanni XXIII: un uomo mandato dal cielo il cui nome era “Giovanni”
A distanza di novecento  anni dalla scissione, che nel 1054 lacerò l’unità dei cristiani, “venne un uomo mandato dal cielo il cui nome era Giovanni”, così si espresse il Patriarca di Costantinopoli all’elezione di Angelo Roncalli a Pontefice che assunse il nome di Giovanni XXIII. MutatioEcclesiae?, tutt’altro! La Chiesa, depositaria della Verità di Cristo, nel medioevo aveva assunto un atteggiamento storico di carattere polemico e difensivo, dovendo far fronte alle eresie che minacciavano la veste “inconsutile” della Chiesa. La stagione polemica della Chiesa, scrive Ernesto Balducci, fu certamente una stagione grandiosa; ma l’avvento di Giovanni XXIII sulla cattedra di Pietro, scandisce nella storia dellaChiesa un momento storico nuovo; come diceva Cristo Gesù, è necessario sapere cogliere i segni dei tempi e la volontà espressa di Dio, che è la volontà  di unità, amore e salvezza. Nella Chiesa in verità, è stata sempre presente   la formadella condanna, come anche la forma della misericordia. Essa infatti sente sempre la responsabilità delle sue scelte storiche e della individuazione delle ragioni oggettive di un determinato momento. Tali scelte o preferenze non sono dettate da deduzioni logiche quanto sono scelte morali dettate da una intuizione della carità. La storia del cristianesimo del terzo millennio è certamente illuminata dalla insigne opera pastorale  di Papa Giovanni XXIII. Un uomo scelto dalla Provvidenza a guida della Chiesa, un uomo preparato dall’azione misteriosa dello Spirito Santo. Il Roncalli, il futuro Giovanni XXIII, conosceva bene il mondo ortodosso per i suoi lunghi rapporti diplomatici avuti sin dalla sua giovinezza. Assunto, ancora giovane sacerdote, dal Prefetto di Propaganda Fide  per riorganizzare in Italia l’Opera della propagazione della Fede, trepidante aveva accettato l’incarico dietro consiglio del cardinale Ferrari che gli aveva scritto: “volontà del Papa rosso, è volontà del Papa bianco; dunque è volontà di Dio, accetti!” e negli anni venti percorse tutta l’Italia; nel 1923 fu anche a Mazara del vallo, ospite in Cattedrale per tre giorni di mons. Giovanni Battista Criscuoli, suo condiscepolo a Roma, lasciando nel suo passaggio una scia luminosa. Delegato Apostolico nel 1934 prima in Bulgaria, poi a Costantinopoli, conosceva personalmente la realtà della Chiesa Ortodossa e la sua spiritualità: lo stesso credo, le stesse verità, lo stesso Dio uno nella sostanza e trino nelle Persone. Divenuto Pontefice ed indetto il Concilio Vaticano II, Giovanni XXIII con la Bolla Humanaesalutis dell’11 ottobre 1962, richiese la presenza nell’aula delle assisi di un gruppo qualificato di osservatori di diverse comunità cristiane e tra queste la Chiesa ortodossa nelle varie sfaccettature di Chiese autocefale. “Apriamo il cuore e le braccia a tutti coloro  che sono separati da questa Chiesa apostolica, dove Pietro vive nei suoi successori. Desideriamo ardentemente il loro ritorno nella casa del Padre comune”. Facciamo leva, soleva dire il Papa, su ciò che ci unisce e presto o tardi il resto troverà una valida soluzione.



L’azione ecumenica di papa PaoloVI
 Giovanni XXIII non poté chiudere  i lavori del Concilio, ma il 7 dicembre 1965 a Roma Paolo VI cancellava la scomunica con un “gesto di giustizia e di perdono” e contemporaneamente a Costantinopoli il Patriarca Atenagora “nello stesso spirito” toglieva l’anatema lanciata da Michele Celulario. Il papa Paolo VI era convinto che con la Chiesa Ortodossa era possibile realizzare quamprimum “una quasi totale comunione”;in realtà, scrive Luca di Schiena, c’è una diffusa disponibilità del mondo ortodosso a riconoscere un primato di onore al Papa, capo della Chiesa apostolica romana, ricchissima di storia e di testimonianze petrine e paoline, ma, va chiarito, che l’espressione “Primus inter pares” è usato dai cattolici e dagli ortodossi in cotesti teologici diversi. Mentre la potestà ecclesiastica   per gli ortodossi discende dal sacramento dell’Ordine ( e il vescovo è la somma autorità), per gli occidentali vale il concetto di potestà giurisdizionale avente, per natura, un ordinamento gerarchico verticale. “Primus inter pares” per gli Ortodossi è un Vescovo tra i vescovi, cu viene attributo un “primato di onore”, mentre per i Cattolici è il capo indiscusso della Chiesa universale.


Mazara del Vallo 08 maggio 1993
Il Santo Padre, accompagnato dal Vescovo di Mazara, Sua Eccellenza Emanuele Catarinicchia, dal Cardinale di Palermo, Sua Eminenza Salvatore Pappalardo si accinge a raggiungere la cattedrale

La visione di Chiesa di papa Giovanni Paolo II
Papa Giovanni Paolo II affida all’Oriente cristiano il ruolo essenziale di uno dei “due polmoni di una sola Chiesa che danno fiato a quella universale ribadendo così la pari dignità del polmone occidentale (che parla in latino) e di quella orientale (che lo fa in greco-slavo). Giovanni Paolo II si rivelò instancabile nell’opera dell’avvicendamento delle due Chiese sorelle e nel 1979, lasciando Costantinopoli, formulò l’auspicio che “l’alba del terzo Millennio” potesse salutare l’unione delle Chiese; mentre il 4 maggio 1987, a Spira, in Germania, aveva invitatola Chiesa ortodossa ad “una sollecita unione” riconoscendo con ammirazione “la sua fedeltà a Cristo e il coraggio  della professione della fede”.Di portata storico-teologica, ad alto rilievo,si può considerare la visita del Patriarca  ecumenico  Dimitrios I alla città di  Roma dal 3 al 7 dicembre 1987. Nell’occasione Dimitrios non ha lesinato i riferimenti alla Chiesa di Roma, che presiede nella carità”  la Chiesa una, santa   Cattolica ed apostolica; una Chiesa dove il Vescovo di Roma è designato dallo stesso Cristo Gesù a presiedere nell’amore e nell’onore.

Gli auspici di papa Benedetto XVI
Il 15 maggio 2009 papa Benedetto XVI, nell’incontrare il Patriarca greco ortodosso, sua beatitudine il patriarca Teofilo III, si disse ben lieto del momento storico chiamato a vivere e fece richiamo agli storici incontri di papa Paolo VI e il Patriarca ecumenico Atenagora I, come pure l’incontro di Paolo VI e sua beatitudine il patriarca Diodoros. Questi incontri, evidenziava papa Benedetto, ci ricordano che la luce da Oriente (cfr. Is, 60 e Ap. 21, 10) ha illuminato il mondo intero sin dal momento in cui “un sole che sorge” venne a visitarci (Lc. 1, 7-8) e ci rammentano che da qui il Vangelo venne predicato a tutte le nazioni. Papa Benedetto XVI fece memoria del suo ultimo incontro a Roma con sua santità Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, venuto a Roma per partecipare al Sinodo dei vescovi dedicato al tema: La parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”.
Papa Francesco e il suo progetto di carità
Significativi si rivelano gli incontri  e i viaggi ecumenici intrapresi da papa Francesco a Lesbo per incontrare i patriarchi Bartolomeo e Hieronymus, a Cuba con il patriarca di Mosca Kirill, a Lund per la commemorazione congiunta sulla Riforma luterana: incontri ecumenici, afferma papa Francesco che non sono il frutto dell’Anno della misericordia ma del Concilio Vaticano II indetto da San Giovanni XXIII che con la Gaudet mater Ecclesia   ha indicato il sentiero da seguire, poi il beato Paolo VI che nella storia del Samaritano ha visto il suo paradigma e san Giovanni Paolo II con la enciclica Dives in Misericordia e l’istituzione della festa della Divina Misericordia ha posto forti pilastri per il compimento del progetto divino: la Unitatisreintegratio. L’unità, evidenzia papa Francesco, non si fa perché ci mettiamo d’accordo tra di noi, ma perché camminiamo seguendo Gesù e, camminando, possiamo scoprirci uniti. Camminando e lavorando insieme, ci rendiamo conto che siamo già uniti nel nome del Signore. L’unità, conclude il Papa, non la creiamo noi, ma è opera dello Spirito Santo che ci sospinge e ci porta avanti.I nostri fratelli cristiani ortodossi, osserva papa Francesco con grande rispetto,ci hanno insegnato a fare Sinodo; in realtà la sinodalità è la caratteristica essenziale della Chiesa e lo stesso Pontefice il 17 ottobre  2015, in occasione del Sinodo dei Vescovi, ha evidenziato come già nella Chiesa latina essa è stata istituita  con la “Apostolica sollecitudo” del 15 settembre 1965.Il Sinodo va collocato infatti nell’ampio orizzonte spirituale ed ecclesiologico della “Chiesa in ascolto” nel quale tutti ascoltano la parola di Dio e la voce dello Spirito e dove la funzione della gerarchia viene interpretata con la categoria del servizio e non del potere.Ilfondamentobiblico, al di là del modello veterotestamentario di Mosè e i 70 anziani (cfr. Es. 18, 13-27 e Dt. 1, 5-18),resta il “concilio apostolico di Gerusalemme” (At., 15) dove la decisione finale è assunta nello Spirito Santoda coloro che detengono un ufficio. Il tutto, poi,  è inserito nella vita delle comunità  dei fedeli di Gerusalemme e di Antiochia.

Mazara, porta sempre aperta al dialogo
Il dialogo con i  fratelli ortodossi appare oggi più che mai necessario ed improcrastinabile e risponde alla preghiera di Gesù: “Padre, che siano tutti una cosa sola…”; problema ecumenico assai vivo nel mondo e in questa Chiesa di Mazara, data la presenza oggi di un numero considerevole di fedeli ortodossi provenienti dai patriarcati dell’Europa  orientale. Se Giovanni XXIII fu, come ebbe a dire il Patriarca di Costantinopoli: “l’uomo mandato da Dio il cui nome era Giovanni”, l’auspicio oggi è quello di vedere papa Francesco vero protagonista di quella “unione” tanto sofferta e desiderata nel medioevo e agli albori dell’età moderna dal cardinale Giovanni Bessarione, già vescovo di questa Chiesa santa che è in Mazara. La via ecumenica, ieri come oggi, passa da Mazara, città europea posta a 150 km dall’Africa, città simbolo della pacifica convivenza fra musulmani e cristiani; Mazara, città che si apre nel vasto orizzonte mediterraneo dove il mondo cristiano (cattolici ed ortodossi) ha scritto gloriose pagine di storia. Agli albori del terzo millennio del cristianesimo questa chiesa di Mazara, illuminata dalla forza dello Spirito Santo, alla preghiera e con la preghiera fa seguire atti che scandiscono passi concreti per un dialogo sempre più aperto e costruttivo che permette a cattolici ed ortodossi di gustare la bellezza delle relazioni e la gioia dell’incontro. Il Pontefice aveva accennato “ai due polmoni” con i quali vive e si perpetua la Chiesa “Una e Santa”,  istituita da Cristo Gesù mentre “ostia pura, santa ed immacolata” si offre al Padre, dopo avere elevato la preghiera per l’unità. La forza santificatrice dello Spirito Santo, che guida e sostiene questo popolo santo di Dio, ci spinge a tendere la mano l’uno all’altro nostro fratello, auspicio e garanzia  di quella “UnitatisRedintegratio” auspicata dal Concilio Vaticano II che richiama la preghiera di Cristo Gesù: “Padre, che siano tutti una cosa sola” per essere consumati nell’unità. Così la Chiesa di Mazara oggi sperimenta e si arricchisce del tesoro della sinodalità, tema caro ai fratelli ortodossi, mentre apre il cuore e le braccia a tanti fratelli ospiti immigrati in questo territorio e provenienti dall’esteso mondo dell’Oriente cristiano: sono rumeni, serbi, albanesi, russi. Nasce così quella osmosi mirabile    dove la comunità locale di Castelvetrano mette a disposizione dei fratelli ortodossi prima la centralissima chiesa di Sant’Antonio di Padova, poi, la chiesa di sant’Antonio abate assai più ampia ed accogliente per offrire ed assicurare  un luogo di preghiera, una oasi di spiritualità; la stessa cosa si verifica nella religiosa città di Marsala dove la comunità di Maria SS. Bambina offre una loro chiesa in contrada Ventrischi, mentre la parrocchia san Francesco di Paola accoglie i fratelli ortodossi  nella cripta della stessa chiesa parrocchiale. La fede e la stima reciproca portò ieri il P. CiprianMunteana, oggi il P. Daniel Bascauano ad incontrarsi con il Vescovo di questa Chiesa, mons. Domenico Mogavero, in modo affettuoso, vera condivisione lieta di una fede comune che coinvolge ogni giorno più cattolici ed ortodossi, testimonianza di quell’essere una Chiesa  sola per la quale Cristo ha pregato. Le stesse sollecitudini  del vescovo Domenico Mogavero sono rivolte verso tutte quelle Chiesa sorelle che si affacciano nel Mare mediterraneo dove la C.E.R.N.A. (Conferenza episcopale dei Vescovi del Nord Africa, che abbraccia la Libia, Algeria, Marocco, Tunisia e Sahara occidentale), invitata dal Vescovo di Mazara si è riunita in sinodo, collegialmente, per dibattere il tema: “Le Chiesa sulla sponda del Mediterraneo chiamate a collaborare su emigrazione e Nuova Evangelizzazione”. Questo mare, in realtà, oggi è attraversato da mille contraddizioni ma anche da mille aspirazioni, tendenze ed impegno per l’incontro tra popoli diversi per cultura e religione. La “primavera araba” è stata una rivolta di popolo intesa alla rivendicazione della libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo; ed è in questa chiave che i Vescovi vedono una prospettiva per potere chiedere l’attuazione   del diritto alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza. Oggi il Mediterraneo, evidenzia mons. Domenico Mogavero, è in grande fermento e le tre religioni monoteistiche   che lo abitano hanno una irrepetibile vocazione  unificante perché possono accompagnare i popoli, che lottano per la democrazia, ad intraprendere  correttamente la strada della partecipazione ancorandola sulla centralità e dignità della persona, avendo di mira il progresso e lo sviluppo, nella ricerca della pace, non elevando muri ma costruendo ponti attraverso il dialogo. Un’eco  della visione ecumenica della Chiesa di Mazara, scrive mons. Vito Rallo, si può altresì cogliere nella lapide fatta apporre dal sacerdote prof. Gaspare Morello, in occasione dei festeggiamenti di san Vito, patrono di Mazara e dalla Diocesi, nel 1977 sul lato ovest del palazzo dei Cavalieri di Malta che recita: “… spera che leggi più eque rendano  amiche le acque delle opposte sponde l’Africana e l’Europea nel nome del Dio Universale Padre di tutte le genti cristiane ed islamiche facendone un solo mare libero al lavoro, fecondo di Pace”.
 Il pontefice San Giovanni Paolo II l’8 maggio 1993, pellegrino ed ospite di questa Chiesa di Mazara, sul palco situato nel litoraleprospiciente la chiesa di San Vito al mare, nello stendere le mani della consacrazione ha ribattezzato il Mediterraneo come il “Mare segno dei tempi”; il mare dal qualerilanciare i valori religiosi, per la riconciliazione dei popoli che si affacciano su di esso; vera culla della civiltà mediterranea e luogo di nascita e di crescita delle tre religioni monoteistiche. Possa finalmente questo mare, che lambisce da secoli le fondamenta di questa Chiesa santa di Dio e nel quale si rispecchia lo spiazzale Giovanni Paolo II, diventare crocevia di popoli fratelli, illuminati dalla croce di Cristo Gesù e sostenuti dalla potenza dell’Amore.  I tempi certamente appartengono all’azione dello Spirito Santo, ma la carità, il servizio sono affidati all’uomo.

                                                                                              Don Pietro Pisciotta




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