Figura
insigne di sacerdote e di studioso, mons. Vincenzo Di Giovanni ha onorato la Chiesa e la Patria e, soprattutto, la
terra di Sicilia alla quale rimase sempre particolarmente legato. Nato a
Salaparuta nel 1832 da Calogero Di Giovanni e Caterina Bruscia, ebbe una
infanzia serena, confortata dall’affetto dello zio arciprete, don Donato Di
Giovanni, che resse la comunità salitana dal 1820 al 1870. Il padre Calogero
era stato a Salaparuta giudice di pace e segretario della congregazione della
carità; la madre, Caterina, proveniente dalla vicina Partanna, fu donna di
eccelse virtù, di acuto ingegno e di grande pietà religiosa. Il figlio Vincenzo
ricevette da ambedue i genitori una solida formazione cristiana, frutto non di
teorici precetti ma d’autentica vita cristiana. Lo zio introdusse ben
presto il nipote agli studi prima nel
seminario arcivescovile di Monreale, poi nella regia Università degli Studi di
Palermo dove completò la sua formazione filosofico-teologica imponendosi per
serietà nello studio, capacità critiche e amore profondo per la letteratura e
la storia patria. Nonostante la sua lunga permanenza a Palermo, rimase sempre
legato alla diocesi di Mazara e in questa città ricevette dal vescovo Antonino
Salomone il suddiaconato nel 1855, il diaconato e il presbiterato nel 1856.
Figlio del suo tempo, ereditò le idee liberali in voga, ma non si lasciò scalfire
dagli errori che pullulavano in campo filosofico e teologico. Educato alla
scuola di insigni maestri, fu discepolo e amico del grande maestro Melchiorre
Galeotti, che tenne la cattedra di retorica nel Seminario di Palermo, e fu con
questi fondatore ed animatore del giornale “Religione
e Patria” (1860-1861) attorno al quale si cimentò l’élite culturale del
clero liberaleggiante del tempo. Dal 1865 al 1869 mons. Di Giovanni diresse “La Sicilia”, rivista di scienze, lettere
ed arti, di tendenza cattolico regionalista. Collegò, scrive di lui Santino
Caramella, l’ontologismo ottocentesco, e giobertiano in specie, con l’opera del
grande filosofo canonista del settecento Vincenzo Miceli da Monreale
(1733-1781), che aveva elevato la sua speculazione filosofica partendo dal
diritto naturale ecclesiastico. Le sue opere filosofiche
più significative, d’indole storiografico, sono: “Della filosofia moderna in Sicilia” (edita nel 1868) e la “Storia
della filosofia in Sicilia” (in due volumi editi nel 1873), che va
dall’antichità al XIX secolo.
La
prospettiva storica del Di Giovanni, sebbene avvolta sovente nelle pieghe
dell’eloquenza e dell’erudizione, è una
delle più grandiose; la ricerca del concetto e delle definizioni
dell’Essere vi appare come costante animatrice delle più diverse e lontane
correnti del pensiero e della scienza. Di Giovanni, appassionato cultore della
filosofia, non inventò teorie, né creò sistemi filosofici, ma sistematizzò le
teorie e unificò i sistemi tomistici potenziandoli con la dialettica della sua
forte mente critica e speculativa. Alla base del suo pensiero c’è l’istanza
della libertà, che egli cercò di
cogliere nei vari filosofi dell’Ottocento da Schelling ad Hegel, da Rosmini a
Gioberti e che intravide, al di là dei loro sistemi, come anelito primario che
richiedeva una risposta adeguata.
Inizia
la sua carriera di docente prima ancora di essere ordinato sacerdote: nel 1854
è già docente di lettere e filosofia all’Istituto “Vittorino” di Palermo; nel
1860 dal cardinale di Palermo viene chiamato ad occupare la cattedra di
filosofia nel Seminario arcivescovile “San Mamiliano”, dove avrà come allievi
una larga cerchia di giovani, tra i quali la grande mente di mons. Onofrio
Trippodo, e una generazione di sacerdoti dalla solida preparazione culturale e
di alta spiritualità, che costituirono uno dei nuclei principali nella genesi
del Movimento Cattolico Siciliano.
Alla
cattedra di filosofia nel Seminario si assommerà in quegli anni quella del
liceo nazionale di Palermo, che gli aprirà le porte dei cenacoli culturali ad
alto livello e lo vedrà protagonista ed animatore di giornali
letterario-politici come “La
Sicilia ” e fondatore delle “Nuove effemeridi siciliane”, giornale storico-letterario di
Palermo.
Ormai
si andavano schiudendo le porte per la docenza universitaria. Conosciuto ed
apprezzato per le sue alte qualità morali e culturali, membro delle più
prestigiose accademie d’Italia, cavaliere dell’ordine reale dei santi Maurizio
e Lazzaro, nel 1882 gli viene offerta la cattedra di filosofia teoretica e,
subito dopo, quella di storia della filosofia nell’Università degli Studi di
Palermo, dove nel 1891 sarà anche presidente della facoltà di lettere e
filosofia.
Mons.
Vincenzo Di Giovanni non limitò la sua influenza al solo campo speculativo, ma
fu in contatto anche con il sociologo Giuseppe Toniolo, docente di filosofia
del diritto all’Università di Padova, fondatore dell’associazione “Unione
Cattolica per gli studi sociali” alla quale il Di Giovanni aderì diffondendone
il programma nell’Isola.
Il
Toniolo, spinto da profonda sensibilità religiosa, nel 1889 aveva fondato la
sua associazione due anni prima che il
pontefice Leone XIII pubblicasse la Rerum Novarum , l’enciclica sociale che suscitò
tanto entusiasmo nel mondo del lavoro e, in particolare, tra i giovani e nel
clero impegnato. Il Di Giovanni approfondisce il documento pontificio e
collabora perché con il contributo della cultura cristiana e delle forze
lavorative si affermi un nuovo ordinamento sociale cattolico basato sulla
carità e la giustizia. Ricca quanto interessante si rivelò nel decennio
1889-1899 la corrispondenza epistolare con il Toniolo; questi apprezzava del
filosofo siciliano la cultura, la disponibilità e il forte credito che riscuoteva in mezzo al movimento
cattolico siciliano. Dalle lettere si evince ancora oggi quanto il Toniolo fu
entusiasta della collaborazione e degli incoraggiamenti ricevuti da mons. Di
Giovanni, singolare sostenitore e propulsore del pensiero politico sociale
cristiano. Proprio in questo decennio iniziava a farsi strada in Sicilia la
corrente di pensiero di ispirazione tonioliana.
Fondata
nel 1889 l’associazione a Padova, il Di Giovanni fu accanto al Toniolo e, due
anni dopo, invitato dallo stesso, partecipò a Genova al 1° congresso
scientifico storico-sociale, che si tenne dall’8 all’11 ottobre 1892 in onore di Cristoforo
Colombo nel 4° centenario della scoperta dell’America, con una sua relazione
mirata ad avviare “sani e forti studi sociali” nel mondo cattolico.
La
relazione venne data alle stampe e il conte Rosselly de Lorgues, che ne
conservò gelosamente una copia, ebbe a scrivere a mons. Di Giovanni: “Fra i
numerosi scritti pubblicati nel corso del IV centenario della scoperta
dell’America, nessuno ha il valore del vostro scritto, intitolato, abbastanza
modestamente, Discorso; il vostro
nobile lavoro onora la vostra Accademia e l’Italia intera”.
Il
Di Giovanni, vera mente enciclopedica, si cimentò con la filosofia e la letteratura, con gli
studi propri della teologia e della filologia, né trascurò mai gli studi
sociali come quelli legati alle tradizioni popolari della terra di Sicilia.
Legato alla sua terra, volle approfondire determinate tematiche operando
ricerche filologiche sui grandi che
hanno onorato la
Sicilia. Scoprì un inno alla vergine del XII secolo “In laudem Virginis Mariae” e si soffermò
sul grande umanista siciliano del XV secolo, Tommaso Schifaldo, che G. G. Adria
aveva chiamato “Praeceptor meus” e annoverato tra i figli più illustri di
Marsala “ex urbe antiqua Lilybaei”. Lo Schifaldo, sull’autorità dell’Adria, è
ritenuto “lilybaetanus” dal Pirri, dal Ragusa e dal Mongitore; ma mons. Di
Giovanni evidenzia che il Bagolino nel 1597, sull’autorità dell’Adragna, dice
dello Schifaldo “Alcamensis patria ex qua urbe etiam et ego”. Stando alle due
probabili versioni, di cui la più accreditata quella dell’Adria, il Di Giovanni
avanza l’ipotesi che Alcamo abbia dato i natali allo Schifaldo, Marsala ne fu
la patria adottiva dove visse come religioso .
Mons.
Di Giovanni, nonostante sia vissuto in tempi assai difficili per la Chiesa , quando le forze
laiche anticlericali detenevano in Italia il monopolio della cultura, ebbe
sempre vivo il “sensus Ecclesiae” e nel rispetto della dignità della persona
umana svolse il suo ruolo di docente imponendosi agli allievi per la chiarezza delle idee e l’attaccamento
ai principi della fede. La sua vita di sacerdote e di studioso fu sempre
limpida e cristallina, senza compromessi. Ebbe sempre chiara la consapevolezza della sua missione.
Divenuto presbitero della Chiesa di Mazara per vera vocazione, fu sacerdote
sulla cattedra come nei sodalizi culturali; i suoi interventi nella vita
sociale sono l’attuazione del comando evangelico: voi siete la luce del mondo e
il sale della terra. Quantunque molto riservato e schivo dalla politica attiva,
nel 1895 per suffragio popolare fece parte del Consiglio comunale di Palermo,
la città di Monreale lo ebbe cittadino onorario e Salaparuta gli dedicò una
strada.
Una
personalità simile non poteva non attirare l’attenzione della gerarchia: la Santa Sede nel 1896 lo
promosse alla Prelatura nullius di Santa Lucia del Mela; fu vescovo titolare
prima di Teodosiopoli, poi arcivescovo di Pessinonte.
Festeggiato
dai numerosi amici presso la
Curia Romana , il papa Leone XIII abbracciandolo gli disse:
“Monsignore, troppo tardi ci siamo conosciuti”!
Salaparuta,
che gli aveva dato i natali, lo vide spirare il 20 luglio 1903; in suo onore gli
dedicò il corso principale del paese. Un monumento marmoreo, posto nella
cappella del SS. Crocifisso della Chiesa Madre, andato distrutto con i
movimenti sismici del 1968, ricordava ai salitani la figura di questo insigne
prelato:
Alla pia memoria di
Vincenzo Di Giovanni
vescovo di Teodosiopoli,
arcivescovo di Pessinonte
per ingegno e splendore di
dottrina
notissimo fra i sagaci
sapienti d’Europa.
Visse anni 71, morì il 20 luglio 1903.
Pietro Pisciotta
Opere del Di Giovanni:
Storia della filosofia
in Sicilia, Palermo 1873, voll 2; Principii
della Filosofia Prima, I, pagg. 336, II, pagg. 550, III pagg. 342, Palermo
anno 1878; Il Miceli ovvero dell’Ente uno
e reale, Palermo 1864; Il Miceli
ovvero l’Apologia del sistema, Palermo 1865; Filologia e letteratura siciliana,
voll. 4, Palermo 1871; Scuola,
Scienza e critica, Palermo 1874, Prelazioni
di filosofia, Palermo 1877; Filologia
e letteratura siciliana, Palermo 1879; Giordano
Bruno e le fonti delle sue dottrine, Palermo 1888; Saggi di critica religiosa e filosofica, Firenze 1887; Cronache
siciliane dei secoli XIII, XIV, XV, pag. LV- 401, Bologna 1865; Scuola, Scienza e Critica, p. VIII-362,
Palermo 1874; Scritti apologetici,
p.495, Palermo 1875; Prelezioni di
Filosofia, p. 333, Palermo, Virzì, 1877;
Severino Boezio e i suoi
imitatori,, Palermo 1881;Pico della
Mirandola nella storia del Risorgimento, Palermo, tip. Boccone del Povero,
1894 Le fortificazioni di Palermo nel secolo XVI, Palermo 1996;Critica filosofica e religiosa, v.
2, . Palermo1897 98.
Opera su Di Giovani:
S. Caramella, Il
pensiero filosofico in Sicilia, Caltanissetta 1995; C. Cantù, Storia della filosofia in Sicilia dai tempi antichi al secolo XIX,
in Rivista Universale, Firenze, ottobre 1873; G. Allievo, Principi di filosofia primi esposti ai giovani italiani per Vincenzo Di
Giovanni, in La Gioventù ,
giornale fiorentino, vol. VII, febbraio 1865; V. Inglese D’Amico, Di Giovanni filosofo ed umanista,
Palermo 1949; G. Gentile, Il tramonto
della cultura siciliana, Bologna 1919; Dizionario
storico del movimento cattolico in Italia, alla voce: Di Giovanni Vincenzo,
III, figure rappresentative, pag. 321; Pitrè, Nuovi profili biografici di contemporanei italiani, p. 30, Palermo
1868; De Gubernatis, Dizionario
biografico degli scrittori contemporanei, Firenze 1879; Piccolo dizionario di contemporanei italiani, Roma 1895;Di Renzi,
Le Pantheon des Lettres, des Sciences et
des Arts, Parigi 1893; Grandes
Dictionnaires Internationaux Biografiques, Paris 1899.
Nessun commento:
Posta un commento